Riforma Maturità: poca sostanza
- redazione volta.pagina
- 11 set
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Dal 2026 si cambia: è stato approvato il decreto del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara che cambierà l’esame di Stato a partire dal nome il quale tornerà ad essere “Esame di Maturità”. La riforma inciderà principalmente sull’esame orale, in quanto le prove scritte resteranno invariate.
L’orale sarà basato su quattro materie, scelte dal Ministero per ogni indirizzo a gennaio, di conseguenza si snellisce la commissione d’Esame che sarà composta da soli quattro professori, due interni e due esterni. Per coloro che saranno ammessi con sei in condotta all’orale ci sarà una prova su Educazione Civica.
L’obiettivo di Valditara è quello di creare un esame dove lo studente deve mostrare le sue conoscenze, ma anche la sua personalità non rinunciando a fare rifermento al PCTO che con la riforma cambierà il suo nome diventando “Percorsi di formazione scuola-lavoro”.
L’obiettivo si smentisce però con l’ultimo punto della riforma: chi non sosterrà l’esame orale varrà bocciato. Valditara fa riferimento agli studenti, che, durante l’Esame di Stato di quest’anno, non hanno effettuato l’esame orale in un chiaro segno di protesta contro il sistema dei voti. Il ministro va quindi ad ignorare e a far tacere ogni pensiero critico da parte degli studenti, focalizzandosi inoltre su ridisegnare l’esame ignorando i diversi problemi dell’istruzione italiana. Non sono infatti un mistero i diversi problemi, soprattutto critici, ai quali le scuole italiane sono soggette: fondi molto inferiori a quelli di tutta la UE, scarsa qualità delle scuole spesso fatiscenti, grande mole di studio, programmi rigidi e obsoleti, carenza di strumenti tecnologici, professori con scarsa preparazione e motivazione e un costo dei libri troppo caro per permettere l’accesso a tutti.
L’azione di Valditara è un’azione che mostra quanto la politica è poco attenta alla popolazione, soprattutto ai giovani. Noi giovani veniamo spesso accusati di non impegnarci ad agire per cambiare la nostra nazione, di non mostrare un nostro pensiero critico o di non alzare la voce quando qualcosa non ci rappresenta o ci turba; ma quando questo avviene veniamo ignorati, messi da parte e nessuno si sforza ad ascoltarci, o meglio, a capirci.
Quest’ultima riforma del ministro mostra quanto la popolazione non conti per la politica, che tende in ogni modo di renderci schiavi di un pensiero comune, di una società dove il pensiero critico non è ben accetto.


