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Il fallimento della scuola italiana provoca un'altra vittima

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    redazione volta.pagina
  • 15 set
  • Tempo di lettura: 3 min

Editoriale di Raffaella Morone e Vincenzo D'Amelia



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Diciassette anni. Solo diciassette anni: questa è l’età della giovane studentessa che ha perso la vita lo scorso 30 agosto. La causa? La causa non è un evento improvviso e tragico. La causa è un sistema scolastico che usa i voti per classificare e selezionare l’alunno. La studentessa aveva da poco appreso di essere stata bocciata per la seconda volta agli esami di riparazione, reagendo alla notizia gettandosi dal quinto piano della sua abitazione. Questa non è una semplice disgrazia e non può essere liquidata come un semplice episodio. E’ la conseguenza del fallimento della scuola italiana un’istituzione in cui al posto di educare si seleziona e si giudica. La scuola italiana si è trasformata in una macchina da selezione, competizione, giudizio. E’ un sistema scolastico che si riduce a voti e medie dimenticando che dietro ogni numero c’è una persona con fragilità e modo di reagire alle difficoltà in maniera diversa. Ogni anno, tantissimi studenti vivono il dramma delle bocciature, degli insuccessi e invece di ricevere aiuti spesso si trovano soli.

Il sistema scolastico in questo paese segue una concezione del mondo ben precisa: la sopravvivenza del più forte. Se si è capaci di avere buoni voti, si va avanti; se si ha difficoltà, si rimane indietro, incolpando lo studente delle sue difficoltà. Tuttavia, questa ‘filosofia’ darwinista deriva da una tendenza più ampia e tipica della società attuale, ovvero il rendere mercato e competizione qualsiasi cosa, dall’istruzione alla sanità, dall’energia alle aziende comuni. Anche a scuola, il concetto a base di ciò è semplice: lo studente ‘lavora meglio’ e viene spronato dall’assenza di aiuti e dalla competizione con i compagni. Ma la realtà è ben diversa. La scuola non deve insegnare l’assenza di collaborazione e l’importanza della competizione, né la miopia dei voti numerici. La scuola deve formare gli individui, rendere gli studenti donne e uomini migliori. Ma questo non sembra essere l’obiettivo dell’attuale governo. Il Ministro dell’Istruzione e del Merito nelle sue dichiarazioni ha mostrato sempre disprezzo verso gli studenti ‘inefficienti’ proponendo punizioni e provvedimenti severi. I continui tagli all’istruzione ed i conseguenti accorpamenti aumentano esponenzialmente la presenza di ‘classi pollaio’ in cui lo studente è solo un numero ed i docenti non riescono a seguire con la dovuta attenzione i singoli individui. Il nome stesso del ministero, scelto da questo governo, è l’emblema di questa tendenza: ‘Ministero dell’Istruzione e del Merito’, come se ci fossero studenti meritevoli e studenti che non lo sono. La domanda allora sorge spontanea: cosa succede a chi non merita?

Piangere la morte della ragazza non basta. Questa tragedia deve aprire gli occhi, scuotere le coscienze. Non c’è bisogno di una scuola che premia e che lascia indietro.

C’è bisogno di una scuola pubblica che accompagni, che educhi alla vita, che sia comunità, che tramandi il sapere.

C’è bisogno di una scuola che consideri ogni studenti in base a ciò che è davvero, non a un numero sul registro.

Oggi più che mai abbiamo la necessità di lottare insieme. Serve una trasformazione che viene dal basso, dalla voce degli studenti, dalle famiglie, dagli insegnanti, dai cittadini che non accettano più che l’istruzione si riduca ad un percorso che spezzi le vite di giovani studenti.

Se non trasformiamo radicalmente la scuola italiana, altre tragedie come questa continueranno a macchiare la nostra coscienza collettiva, perché la scuola dovrebbe aprire porte, non chiuderle per sempre.



Raffaella Morone

Vincenzo D'Amelia

 
 
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